Farmacisti del Servizio Sanitario Nazionale e COVID-19:

le storie raccontano la professione ed il professionista


Daniela Scala,1 Stefania Polvani,2 Maria Ernestina Faggiano3

1. AORN “A. Cardarelli”, Napoli - Coordinatore Area Scientifica SIFO “Informazione Scientifica Educazione ed Informazione Sanitaria”

2. Azienda USL Toscana Sud Est - Presidente SIMeN (Società italiana di medicina narrativa)

3. AOU Policlinico di Bari - Consiglio Direttivo SIFO


Gli autori hanno rilasciato dichiarazione di assenza di conflitto di interesse verso soggetti portatori di interessi in campo sanitario, conservata agli atti della segreteria del CURE.


Riassunto. Introduzione. I farmacisti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sono stati chiamati a far fronte all’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19, che al pari di altre professioni della salute, li ha trovati impreparati, probabilmente, anche in un ruolo, che li ha visti pian piano protagonisti in una scenario mutevole in cui gli strumenti di lavoro, spesso carenti sono diventati armi preventive di esiti fatali. Diventa sempre più evidente che oltre alle statistiche quotidiane e ai briefing concreti, è necessaria l’adozione di un mezzo qualitativo alternativo per esprimere ed esplorare lo spettro di esperienze uniche, spesso intensamente personali di questa pandemia, e per fornire uno strumento che permetta di “raccontare” per “contare”. L’obiettivo di questo studio qualitativo, il cui approccio si rifà alla metodologia della Medicina Narrativa, è la raccolta e l’analisi delle narrazioni per mettere in luce punti di debolezza e di forza dell’ essere farmacisti del SSN in “emergenza”. Materiali e metodi. Raccolta anonima di narrazioni nella forma di racconto libero. Le narrazioni sono state raccolte nel periodo dal 16 marzo al 30 aprile 2020. I testi sono stati analizzati utilizzando le classificazioni di alcuni dei principali riferimenti internazionali nell’utilizzo della narrazione, quali Kleinman, Frank, Lanuer&Robinson. Inoltre, si è fatto riferimento all’analisi transazionale di Berne. Risultati. Sono state raccolte 23 narrazioni la cui analisi evidenzia che in situazioni di emergenza, i farmacisti del SSN rispondono maggiormente dallo stato dell’Io Adulto, esaminano la situazione, la valutano, si responsabilizzano e si comportano di conseguenza. Questo risultato, insieme al dato che la maggior parte delle storie sono in progressione e alla forte presenza di quest narrative (43,5%) conferma che la percezione che il farmacista ha di sé è di un professionista (e persona) in evoluzione. Conclusioni. Questo studio sottolinea, ancora una volta, l’importanza di una formazione alle Medical Humanities del farmacista del SSN e alla ricerca di tipo qualitativo, considerata sempre la sorella minore rispetto le sperimentazioni cliniche. Oggi più che mai, vista la complessità dell’assistenza sanitaria, è di cruciale importanza l’utilizzo della ricerca qualitativa accanto a quella “tradizionalmente” vicina al farmacista per produrre “dati di qualità”, per dare “significato e colore” al dato quantitativo.


Parole chiave: Medicina Narrativa, farmacista, identità professionale, emergenza, Covid-19.


Pharmacists of the National Health System and COVID-19:

narratives as a tool to tell about healthcare professionals

during the emergency time of the pandemia


Summary. Introduction. As pharmacists of the National Health System (NHS), we have been called to face the emergency caused by the pandemic from Covid-19 in a changing scenario in which our work tools, which are often lacking, have become preventive measures of fatal outcomes. It is becoming increasingly evident that in addition to daily statistics and concrete briefings, it is necessary to adopt an alternative qualitative way to express and explore the wide range of unique, often intensely personal experiences, of this pandemic, and to provide a tool that allows to “tell ” as well as to “count ”. The aim of this qualitative study, whose approach is based on the methodology of Narrative Medicine, is the collection and analysis of narratives to highlight the weaknesses and strengths of our being a NHS pharmacist in “emergency”. Materials and methods. We anonymously collected narratives in the form of a free story from the 16th of March to the 30th of April 2020. Narratives were analyzed according to the classifications of Kleinman, Frank and Launer & Robinson together with Transitional Analysis (TA). Results. Twenty-three narratives were collected and analysed. Findings show that in emergency situations, the NHS pharmacists work predominantly as Adult according to the State of Ego’s analysis; they examine the situation, evaluate it and behave accordingly. This result, together with the data that most of the narratives are in progression and the presence of quest narratives (43.5%), confirms that the pharmacist perceives himself or herself as a professional (and human being) in evolution. Conclusion. This study underlines the importance of educating the NHS pharmacist into Medical Humanities and qualitative research field. Given the complexity of health care, the use of qualitative research alongside methods considered “traditionally” close to the pharmacist background, such as clinical trials, is of crucial importance in order to produce “quality data”, to give "meaning and color" to the quantitative ones.


Key words: Narrative-Based Medicina, pharmacist, professional identity, emergency, Covid-19.


Introduzione


La pandemia, il cui significato etimologico dà il senso del movimento, ossia un’epidemia che si diffonde a tutto il mondo, da Covid-19 ha generato uno spartiacque tra prima e dopo (che è in divenire), ha bruscamente e brutalmente scombussolato le vite degli individui mettendoli nella condizione di dovere fronteggiare la perdita di certezze, sentimenti di frustrazione e dolore, di dovere rivedere i propri schemi sia relativi alle quotidiane metodiche personali, sia relativi al mondo imprenditoriale, della formazione e sanitario; di ridisegnare e ridefinire le proprie professionalità.

La pandemia, inoltre è arrivata, almeno per quanto riguarda il settore sanitario, in un momento di crisi del sistema, dovuta alla scarsità di risorse sia economiche sia umane.1 Di conseguenza, nella sua corsa travolgente, ha trovato strutture ospedaliere e avamposti territoriali depauperati di personale per carenza cronica, e con il personale in servizio spesso vittima di burn-out a causa del super lavoro, di turni estenuanti e ricambi generazionali lenti. Il Covid-19 ha accelerato il processo: molti professionisti della salute hanno vissuto, sperimentato nella “fase 1” della pandemia, dall’ 8 marzo al 16 maggio 2020, la vulnerabilità non solo dei sistemi politici, economici e di sanità pubblica, ma anche dei propri corpi e delle proprie menti e di quelli dei propri cari. Si è dovuta gestire l’incredulità legata alla novità della situazione e gestire, spesso in circostanze estremamente difficili, la sofferenza legata alla perdita di vite umane e all’inevitabile “contare” l’elevato numero di decessi.

Dalla tante iniziative che hanno avuto origine nel periodo più oscuro della pandemia, diventa sempre più evidente che oltre alle statistiche quotidiane e ai briefing concreti, è necessaria l’adozione di un mezzo qualitativo alternativo per esprimere ed esplorare lo spettro di esperienze uniche, spesso intensamente personali di questa pandemia, e per fornire un supporto e uno sbocco, uno strumento che permetta di “raccontare” per “contare”.

Le storie sono un mezzo per raccontare e, quindi, per dare senso e significato a eventi traumatici, per conoscere se stessi e ridefinire la propria identità. L’atto di raccontare di sé ha assunto sempre più il carattere dell’urgenza.2 Non solo memorie, ma sono piuttosto le narrazioni, sotto forma di fiction, poesia, teatro, di qualsiasi cosa si possa sperimentare in prima persona, e coinvolgono sia il narratore/scrittore che lo crea sia il lettore/ascoltatore che lo ascolta o lo legge. Le narrazioni sono potenti strumenti di cambiamento sia nel narratore che nell’ascoltatore che insieme partecipano alla co-costruzione di significati che appartengono ad entrambi. L’Istituto Superiore di Sanità ha, infatti, definito la narrazione “lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura)”.3 La narrazione, dunque, non è solo quella del vissuto del paziente, ma anche quella dei vissuti del medico e degli altri professionisti della cura e della loro relazione. Anche chi cura, infatti, per costruire una buona sanità, ha bisogno di raccontare la propria storia. La narrazione del curante è lo strumento chiave per aiutare a comprendere meglio il senso della propria professione e per costruire una identità professionale umana e umanistica, a sostenere i segnali di burn-out, a riscoprire/rafforzare le motivazioni, a lavorare meglio in equipe, fino a riorganizzare un reparto.4

La pandemia offre la possibilità di esplorare e sperimentare nuove modalità di supporto per i professionisti della salute, per proteggere e sostenere il benessere mentale e fisico degli operatori sanitari,1 sfruttando quei metaforici focolai interiori che permettono loro di produrre la buona sanità.

I farmacisti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sono stati chiamati a far fronte all’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19, che al pari di altre professioni della salute, li ha trovati impreparati, probabilmente, anche in un ruolo, che li ha visti pian piano protagonisti in una scenario mutevole in cui i propri strumenti di lavoro (Dispositivi di Protezione Individuale - DPI, disinfettanti, Farmaci, Dispositivi medici e Diagnostici) sono diventati armi preventive di esiti fatali. Non sempre, in situazioni così interiormente complesse, è facile mantenere la calma e la lucidità e può capitare di essere presi da emozioni e pensieri contrastanti (ansia, angoscia, paura, solidarietà, responsabilità, superiorità). Le autrici hanno fatto ricorso alla medicina narrativa come metodologia rivolta non solo ai pazienti e ai familiari dei pazienti, ma anche ai professionisti della salute. La narrazione scritta di un evento traumatico, come può essere stata l’esperienza della “fase 1” della pandemia consente di dare un senso a quello che è successo e, allo stesso tempo, permette l’elaborazione da parte dei professionisti di risposte adeguate alla sofferenza e allo stress attraverso l’espressione delle idee e delle emozioni a essa collegate. La narrazione scritta ha anche una finalizzazione più ampia: essa è guidata dalla ricerca della consapevolezza, della conoscenza e della cura di sé, in una prospettiva auto educativa e trasformativa.

Le autrici hanno invitato i farmacisti del SSN a partecipare a questa “ricerca” il cui obiettivo è la raccolta di narrazioni dalla cui analisi mettere in luce punti di debolezza e punti di forza dell’essere farmacisti del SSN in “emergenza”.


Materiali e metodi


Lo strumento di raccolta delle narrazioni è stato il racconto libero, proprio per dare la possibilità ai farmacisti di esprimersi sui temi che più stavano loro a cuore senza indirizzare in alcun modo la scrittura. La modalità di contatto utilizzata è stata la mail inviata ad un gruppo di farmacisti coordinatori di aree scientifiche della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (SIFO) chiedendo di coinvolgere i loro collaboratori. È stato assicurato l’anonimato nella misura in cui una volta arrivata la mail con la narrazione, quest’ultima veniva scaricata numerata e la mail cestinata. L’invito è stato inviato a 10 coordinatori di Aree, la cui scelta è stata dettata da criteri geografici e di diffusione del virus, il 16 marzo 2020 con un reminder il 6 aprile. La deadline per l’invio della narrazione è stato fissato per il 30 aprile. I testi sono stati analizzati usando le classificazioni di alcuni dei principali riferimenti internazionali relativi all’utilizzo della narrazione, quali Kleinman, Frank, Lanuer&Robinson.5-7 Inoltre, si è fatto riferimento all’analisi transazionale di Berne.8 




La Tabella I e la Figura 1 ne danno rispettivamente una sintesi. Le classificazioni e l’analisi transazionale sono state dettagliate in precedenti pubblicazioni.9-11 Nell’analisi si è tenuto conto delle parole ricorrenti, dell’uso delle metafore, del ritmo e dello stile delle narrazioni.


Risultati


Sono state raccolte 23 narrazioni. Nove narrazioni (39,1%) sono prevalentemente centrate sul disease, sull’aspetto tecnico legato alla professione e all’emergenza dettata dalla pandemia, 6 (26,1%) sono prevalentemente centrate sull’illness intesa come vissuto emotivo personale e le restanti 8 narrazioni (34,8%) sono un mix tra aspetti tecnici e apertura al mondo interno.5 




In Tabella 2 sono riportati alcuni esempi.

In 10 narrazioni (43,5%) chi scrive individua nella pandemia un’opportunità di crescita umana e professionale, la quest narrative, la narrazione di ricerca.6 Attraverso queste narrazioni i farmacisti narrano l’esperienza della pandemia come un’occasione di ricerca individuale e professionale e la persona non sarà più la stessa che era prima della pandemia. In 13 narrazioni (56,6%) è presente la restitution a volte legata all’aspetto tecnico della professione relativamente alla gestione della pandemia o intesa come aspettativa di riconoscimento del ruolo professionale e desiderio di sentirsi gratificato e ripagato.6 Aspetti di quest e restitution spesso convivono nelle narrazioni. Alcuni esempi sono riportati in Tabella 3.




In 7 narrazioni (30,4%) chi scrive è fermo, non riesce ad accettare la situazione, e lo stesso linguaggio mostra pensieri negativi e paure.7 Le restanti sono narrazioni in progressione perché chi narra guarda con impegno a un futuro migliore, ricerca nuove soluzioni/ impegni/attività (Tabella 4). Nelle narrazioni sono presenti pressoché tutti gli stati dell’Io; predominante è lo stato dell’Adulto orientato alla realtà attuale e alla raccolta obiettiva di informazioni, accompagnato spesso da un Bambino Naturale, che a volte è Sottomesso, Adattato e raramente Ribelle; non manca il Genitore Normativo nei propri riguardi e nei riguardi dei colleghi e un Genitore Affettivo verso i propri congiunti e i pazienti.8 Alcuni esempi sono riportati in Tabella 5.




C’è il ricorso alla metafora: in Tabella 6 sono riportati alcuni esempi.

I farmacisti usano spesso termini militari ecco alcuni esempi: “ho combattuto”, “chi questa battaglia l’ha lottata e l’ha persa da solo”, “in trincea” (3 volte), “nemico”, “la vittoria contro questa pandemia”; in 1 caso è quasi riportata la descrizione di una battaglia: “Coronavirus è un avversario abbondantemente fuori dalla nostra portata, che è un patogeno molto infettante contro il quale di armi ne abbiamo davvero poche e sarà difficile vincere questo confronto, ma per vincere bene e in fretta dobbiamo fare squadra, dividerci i compiti, cooperare e condividere. Altrimenti, uno contro uno, vince lui.” Compare spesso anche il termine “squadra”.

In 3 narrazioni il farmacista usa la prima persona plurale per raccontarsi, in 2 casi la seconda persona singolare, in 1 caso il farmacista usa la terza persona singolare e la narrazione così è impersonale, in 1 caso la narrazione ha lo stile di un racconto con la voce narrante del protagonista principale e il discorso diretto, in 1 caso è la descrizione dettagliata e tecnica di una giornata tipo del farmacista che narra, in 1 caso è proprio la cronaca della pandemia, in 1 caso il narratore racconta la sua esperienza al tempo della “Terapia Di Bella”. In 4 narrazioni, il farmacista riconosce il valore della scrittura e ringrazia per l’opportunità di narrarsi.


Discussione


I dati qualitativi ottenuti dall’analisi delle narrazioni confermano quanto già emerso nei precedenti lavori che hanno utilizzato l’approccio narrativo per palesare qual è l’identità professionale percepita dai farmacisti del SSN individuandone, per una riflessione propedeutica alla progettazione di azioni migliorative/evolutive, punti di forza e di debolezza.9-11 Per completare questa riflessione mancava la valutazione dell’“essere farmacista del SSN” in situazioni di emergenza. Questo lavoro, pertanto, rappresenta il tassello finale necessario per avere una “fotografia” più completa della identità professionale del farmacista del SSN: il percorso di analisi della professione, infatti, è partito dall’analisi degli elaborati degli specializzandi della Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera (SSFO) e degli strutturati identificando similitudini e differenze rispetto alla scelta di essere farmacisti di parte pubblica per arrivare ai farmacisti in formazione come manager dei dipartimenti farmaceutici, delineando l’identità professionale delle figure apicali all’interno della professione.10,11

Si conferma la predominanza della disease nelle narrazioni, del raccontare degli aspetti “tecnici” della professione; quindi si conferma la poca familiarità a contattare il proprio vissuto emotivo, ad ascoltarsi. La letteratura internazionale riporta che la possibilità di scrivere delle proprie esperienze traumatiche incoraggia l’uso di strategie di coping adattive, riduce le emozioni e le relazioni negative e migliora la soddisfazione sul lavoro; la possibilità di “rileggere” e quindi di riflettere su quanto scritto consente una maggiore conoscenza di sé come persona e professionista e apre spazi per una ridefinizione della cura che passa prima di tutto attraverso la cura di sé e poi dell’altro.12,13 

Di contro, Babal riporta l’esperienza fatta con gli specializzandi di 3 facoltà pediatriche invitati a partecipare a una sessione accademica obbligatoria di storytelling (racconti di storie) interattivo con l’obiettivo di valutare se lo storytelling è di supporto alla crescita e al benessere degli specializzandi durante i periodi di crisi, quale quello caratterizzato dalla pandemia da Covid-19. Babal conclude che se da una parte, lo storytelling può promuovere la consapevolezza della propria emotività e la crescita della professionalità e può fornire catarsi durante i periodi di stress, dall’altra storie di eventi molto stressanti possono esacerbare l’angoscia per alcuni. L’esperienza di Babal, che si basa sul racconto e l’ascolto di storie e non utilizza la scrittura, è differente dalla presente ricerca, ma offre uno spunto di riflessione sulle possibili ragioni della scarsa presenza di illness nelle narrazioni dei farmacisti del SSN durante la “fase 1” del Covid-19. In questo caso un ulteriore motivo di “freno” a questa espressività, oltre la mancata formazione alle Medical Humanities, può essere il timore di lasciarsi “sopraffare” dal momento che la narrazione riguarda l’esperienza come professionisti della salute in prima linea nella gestione di una pandemia, di un evento fortemente traumatico. Ecco una frase che è esemplificativa “Ho avuto timore di scrivere, l’idea di poter scovare realmente cosa cela la mia mente mi fa paura, in questo periodo”.

A differenza dei precedenti lavori, lo stato dell’Io predominante è quello dell’Adulto. In situazioni di emergenza i farmacisti del SSN rispondono maggiormente dallo stato dell’Io Adulto, ossia elaborando il legame con la realtà: esaminano la situazione, la valutano, si responsabilizzano e si comportano di conseguenza; il loro modo di valutare ed agire è frutto di un esame degli elementi raccolti e dall’analisi della realtà dei fatti.8 Una possibile spiegazione è che come professionista della salute il farmacista funziona “meglio” sotto stress; questa ipotesi rafforza l’importanza di fornirgli gli strumenti per una corretta gestione dello stress, quale una formazione alle competenza narrative e di conoscenza di elementi comunicativi facilitatori, per evitare che le situazioni di difficoltà in aggiunta a quelle “ordinarie” si traducano in sindrome da burn-out. Viceversa se lo stress è ben gestito, attraverso la cura di sé, può facilitare il farmacista a rispondere da Adulto. Questa considerazione insieme al dato che la maggior parte delle storie sono in progressione e alla forte presenza di quest narrative (43,5%) conferma che la percezione che il farmacista ha di sé è di un professionista (e persona) in evoluzione. Interessante anche il dato sulla metafora. La parola metafora deriva dal greco meta, che significa sopra e phorein che significa trasportare o portare da un posto all’altro. La metafora porta oltre, trasporta il significato da un campo semantico a un altro, sopperisce a una deficienza lessicale estendendo il significato delle parole al di là del loro campo di applicabilità, tramite uno spostamento del significato universale, denotativo, a quello soggettivo, connotativo.14 Nelle narrazioni raccolte, accanto alla presenza di termini e metafore militari, presenza che è fortemente legata al linguaggio scientifico delle sperimentazioni cliniche (per es. reclutamento, arruolamento dei pazienti), appaiono metafore inerenti ad altri aspetti, quali quelli legati alla natura, alla quotidianità, allo svago, pressoché assenti nei precedenti lavori. Questo shift potrebbe essere letto come un’intenzionalità ancora in erba verso l’adozione di un linguaggio “altro” prodromo di una postura relazionale alternativa.



Conclusioni


I risultati di questa ricerca qualitativa che ha usato l’approccio della narrazione per raccogliere il percepito dei farmacisti del SSN sulla propria identità professionale in tempi di emergenza, conferma quanto già rilevato nei precedenti studi. Il dato che si aggiunge è che in situazioni di emergenza, di forte stress, il farmacista attiva maggiormente il suo stato dell’Io Adulto, opera, quindi, un esame oggettivo della realtà e si comporta di conseguenza. Questo dato rende urgente l’adozione di programmi di formazione mirati alla gestione dello stress che invece di essere un fattore di rischio può trasformarsi in risorsa. Questo insieme al dato che la maggior parte delle storie sono in progressione, alla forte presenza di quest narrative e di metafore inerenti ad ambiti diversi da quello usuale militare, quali quelli legati alla natura, alla quotidianità, allo svago, conferma che la percezione che ha di sé il farmacista è di un professionista (e persona) in evoluzione, situazione legata al divenire di una professione che lo vede ormai manager e corresponsabile nella Clinical Governance. Questa analisi, che rappresenta la risposta narrativa delle autrici ai narratori, può essere, quindi, punto di riflessione per una co-costruzione di una identità professionale che si evolve in risposta a nuovi bisogni del mondo della salute.

Questo studio sottolinea, ancora una volta, l’importanza di una formazione alle Medical Humanities del farmacista del SSN e alla ricerca di tipo qualitativo, considerata sempre la sorella minore rispetto le sperimentazioni cliniche. Oggi più che mai, vista la complessità dell’assistenza sanitaria, è di cruciale importanza l’utilizzo della ricerca qualitativa accanto a quella “tradizionalmente” vicina al farmacista per produrre “dati di qualità”, per dare “significato e colore” al dato quantitativo.4,15


Ringraziamenti

Gli autori ringraziano coloro che hanno inviato le narrazioni sia come singolo sia come gruppo. Alcuni farmacisti hanno chiesto di non essere mai nominati, neanche nei ringraziamenti; per questo motivo si è deciso di nominare nessuno. Ogni narrazione è stata emozionante e di questo gli autori sono grati a chi ha voluto partecipare al progetto.


Bibliografia


1. Barrett E, Dickson M, Hayes-Brady C, Wheelock H. Storytelling and Poetry in the time of Coronavirus. Ir J Psychol Med 2020;14:1-14.

2. Charon R. At the membranes of care: stories in narrative medicine. Acad Med 2012;87(3):342-7.

3. Conferenza di Consenso “Linee di indirizzo per l’utilizzo della medicina narrativa in ambito clinico-assistenziale, per le malattie rare e cronico-degenerative” accessibile all’indirizzo http://old.iss.it/cnmr/index.php?lang= 1&id=2562&tipo=82 (ultimo accesso 14 aprile 2020).

4. Zannini L. Medical humanities e medicina narrativa. Nuove prospettive nella formazione dei professionisti della cura. Milano: Raffaello Cortina, 2008.

5. Kleinman A. The illness narrative, suffering, healing and the human condition. New York: Basic Book, 1989.

6. Frank AW. The Wounded Storyteller. Chicago: University of Chicago Press, 1995.

7. Launer J. New stories for old: narrative-based primary care in Great Britain. Families, Systems and Health 2006;24(3):336-44.

8. Berne E. A che gioco giochiamo? Milano: Bompiani, 2000.

9. Faggiano ME, Scala D. Tutor, una figura da riscoprire. Boll SIFO 2019;65(6):339-47.

10. Faggiano ME, Scala D. Farmacia Narrativa: la narrazione come strumento per riscoprire e ridefinire la professione del farmacista del SSN. GIFaC 2016;30(4):190-8.

11. Faggiano ME, Scala D. Farmacia Narrativa come strumento di formazione e ricerca. Uno studio pilota. GIFAC 2020;34(2):55-61.

12. Tonarelli A, Cosentino C, Artioli D, Borciani S, Camurri E, Colombo B, et al. Expressive writing. A tool to help health workers. Research project on the benefits of expressive writing. Acta Biomed 2017[30];88(5S):13-21.

13. East L, Jackson D, O’Brien L, Peters K. Storytelling: an approach that can help to develop resilience. Nurse Res 2010;17(3):17-25.

14. Consuelo C. Casula: Giardinieri, principesse, porcospini. Metafore per l’evoluzione personale e professionale. Milano: Franco Angeli, 2004.

15. Artioli G, Foà C, Cosentino C, Taffurelli C. Integrated narrative nursing: a new perspective for an advanced assessment. Acta Biomed 2017[14]; 88(1S):7-17.